Non impegniamoci a definire la Felicità, cerchiamo di viverla.
Tutti noi, credo, avvertiamo una forte responsabilità quando maneggiamo la parola “felicità”. Ci sembra qualcosa di grande, talvolta addirittura impossibile. Secondo me più che avventurarsi nel tentativo di spiegarla, bisogna provare infatti a viverla. Viverla nell’unico tempo possibile: il presente.
Qualcuno ben prima di me ci ha dato splendidi spunti sui quali riflettere:
- La felicità dipende da noi stessi (Aristotele)
- Più un uomo medita su pensieri buoni, migliore sarà il suo mondo e il mondo in generale (Confucio)
Possiamo trarne una sintesi illuminante: dobbiamo smettere di aspettarci che la Felicità piova dal cielo e attivarci per propiziarla. Ci sono con ciò certezze di essere felici? Probabilmente sì, se la consideriamo una scelta, un impegno, un piacere cui dedicarci.
Negli ultimi decenni la psicologia l’ha studiata sempre più scientificamente fino ad arrivare a delinearne la percezione tangibile. In particolare Sonja Lyubomirsky la racconta con termini chiari e immediati come “l’esperienza di gioia, contentezza, o benessere positivo, unito alla sensazione che la propria vita sia buona, significativa e utile.”
Il primo aspetto determinante di questa ricostruzione è l’idea di essere PROTAGONISTI di una possibilità. La Felicità insomma non è tanto qualcosa che accade ma il modo in cui avvertiamo la vita.
Stai pensando alla fatica, al dolore, alla tristezza? Sono inevitabili eppure non sono propriamente divieti alla Felicità. Sono momenti, emozioni, stati d’animo, umanissimi, del tutto naturali e sicuramente comuni a ognuno di noi. Ma loro diventano infelicità soltanto se lasciamo che prendano il sopravvento, se ci identifichiamo con le situazioni, se confondiamo gli episodi con ciò che noi e la nostra vita siamo.
Difficile da comprendere? Sì, lo è. Lo è perché dobbiamo abituarci a un cammino. Un cammino verso la Felicità. In qualche misura oso dire che dobbiamo darci il permesso di essere felici.
Da donna e da medico affronto ogni giorno il percorso accidentato dell’esistenza, l’affanno del corpo e della psiche, il senso di disorientamento che spesso fa ammalare. Forse una delle ragioni che mi hanno spinta all’avventura di Favola di Vita è proprio il desiderio di diffondere la potenza della Felicità di Spirito. Un po’ alla volta riuscirai, riusciremo, a goderne.